Struttura e azione sociale in Marx, Durkheim, Gurvitch, Goffman
La prof.ssa Caruso è docente di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche presso l'Università degli Studi di Catania.
I suoi interessi di studio e la sua produzione scientifica si orientano prevalentemente nell'ambito della teoria sociale, dell'analisi dell'azione teatrale come comunicazione sociale, del rischio e dei comportamenti collettivi, facendo particolare riferimento allo studio del Panico Collettivo al fine di elaborare meccanismi di gestione e controllo del fenomeno. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo:
- Panico Collettivo: Mito popolare,Teoria Sociale, Indagine Empirica, FrancoAngeli 2007
- Il naufragio della Costa Concordia, Bonanno editore, 2012
- Riflessioni sui Mass Media tra mistificazione informativa e funzione civica, Annali della Facoltà di Scienze della Formazione, Catania, 2010
Nell'analizzare la relazione che sussiste fra teatro e sociologia occorre mettere in evidenza come queste due sfere di'esistenza i cui domini si presuppongono in sé compiuti e concettualmente distinti e indipendenti presentano in realtà significative interconnessioni e reciprocità. Teatro e Sociologia, infatti, per quanto entità autarchiche, non presentano una linea di confine segnata da netta demarcazione, ma al contrario tendono ad interagire attivando un continuo ritorno di informazione dall'una all'altra sfera.
La lettura delle strutture teatrali, d'altronde non può prescindere dall'ambiente sociale in cui esse si manifestano. Ripercorrendo infatti il fenomeno teatrale come processo che si differenzia secondo percorsi che riflettono i mutamenti sociali dei contesti in cui esso si manifesta, è possibile analizzarlo restituendolo al contesto sociale, scoprendo e valutando i suoi significati in relazione ad altri fenomeni che si modificano nella sfera delle più ampie relazioni tra individui e società. Il teatro è, dunque, riproduzione di un certo quadro sociale nel quale gli attori incarnano i personaggi che ne sono parte integrante, interpretando ruoli che rinviano a quelli sociali. La differenza di struttura fra i diversi tipi di società si riflette nella creazione del drammaturgo, il quale consacra nell'intreccio dell'azione agita e perseguita dai suoi personaggi, le differenze di impulsi che le animano.
Ogni società tende, infatti, a esteriorizzare ruoli che compongono la trama della vita collettiva. Se nel Medioevo si proiettavano sul palcoscenico ruoli in cui vibravano emozioni assopite e stili di vita austeri e contemplativi, nel Rinascimento e nella prima parte dell'Età Moderna, attraverso il Teatro Elisabettiano, si ricorrono, invece, passioni brucianti in cui crimini della vendetta, delitti del desiderio e della brama di potere, vengono consumati da eroi negativi, personaggi dai dubbi principi morali che sotto l'aspetto di re o principi, con la sregolatezza della propria esistenza, sono il riflesso della profonda inquietudine della coscienza collettiva generata dal periodo di transizione tra due civiltà. Nell'effervescienza di quei momenti di rottura, provocata dalla metamorfosi della struttura sociale, opere come Macbeth, Otello e Riccardo III di Shakespeare, con i loro eroi maledetti condannati al loro completo annientamento, sono la manifestazione di una sregolatezza che rimane latente nella società del tempo. Il forte fascino esercitato sul pubblico da questi eroi maledetti, tuttavia, era la prova che le medesime pulsioni animavano anche l'uomo comune, ma che nell'uomo comune rimanevano inconsce in quanto mediate dal controllo sociale.
Ogni società tende, infatti, a esteriorizzare ruoli che compongono la trama della vita collettiva. Se nel Medioevo si proiettavano sul palcoscenico ruoli in cui vibravano emozioni assopite e stili di vita austeri e contemplativi, nel Rinascimento e nella prima parte dell'Età Moderna, attraverso il Teatro Elisabettiano, si ricorrono, invece, passioni brucianti in cui crimini della vendetta, delitti del desiderio e della brama di potere, vengono consumati da eroi negativi, personaggi dai dubbi principi morali che sotto l'aspetto di re o principi, con la sregolatezza della propria esistenza, sono il riflesso della profonda inquietudine della coscienza collettiva generata dal periodo di transizione tra due civiltà. Nell'effervescienza di quei momenti di rottura, provocata dalla metamorfosi della struttura sociale, opere come Macbeth, Otello e Riccardo III di Shakespeare, con i loro eroi maledetti condannati al loro completo annientamento, sono la manifestazione di una sregolatezza che rimane latente nella società del tempo. Il forte fascino esercitato sul pubblico da questi eroi maledetti, tuttavia, era la prova che le medesime pulsioni animavano anche l'uomo comune, ma che nell'uomo comune rimanevano inconsce in quanto mediate dal controllo sociale.
In definitiva è possibile evidenziare come il terreno d'analisi del rapporto interattivo esistente tra Teatro e Sociologia segue due possibili scenari: - la prospettiva sociologica, che come evidenziato, consente di indagare gli orientamenti di un qualsiasi contesto sociale attraverso il teatro; - la prospettiva drammaturgica, i cui cardini delle argomentazioni pongono l'accento sulla possibilità di utilizzare l'universo della rappresentazione teatrale come modello di analisi della realtà sociale. Essendovi pregnanti somiglianze tra esperienze sceniche e azioni degli individui interagenti nella vita quotidiana, il teatro può, Infatti, tornare utile per indagare certe matrici del comportamento umano. Il microcosmo sociale, in questo senso, costituisce uno strumento di ricerca personale che mette l'uomo al centro del palcoscenico dell'esistenza.
Francesca A.M. Caruso
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